Elemento centrale degli ultimi giorni è la cosiddetta “Questione Morale” che ha riacceso il dibattito all’interno della nostra scena politica. Questa famosa espressione, utilizzata dall’allora Segretario del PCI Enrico Berlinguer nel 1979, dettagliatamente spiegata qualche anno dopo nel 1981, sottolineava la necessità di rispettare i principi di onestà e correttezza verso i cittadini e se stessi.
Per evidenziare al meglio le similitudini tra passato e presente, riguardo le abitudini di contravvenire la questione morale, prendiamo spunto da un avvenimento storico calzante.
Nel 1555 terminò una guerra religiosa che imperversò in Europa, guerra che fu scatenata dalla promulgazione delle 95 tesi di Martin Lutero nel 1519. La pace che ne venne fuori, firmata dal fratello dell’imperatore Carlo V, passata alla Storia come Pace di Augusta, ammetteva il Luteranesimo al pari del Cattolicesimo come religione esistente all’interno del Sacro Romano Impero. La pace affermava inoltre il seguente principio: “cuius regio eius religio” (di chi è il regno di lui sia la religione). Si trattava, in sostanza, della facoltà di imporre la religione del governante ai propri sudditi. Il delicato equilibrio crollò a causa dello sviluppo del Calvinismo, un’altra corrente religiosa frutto della Riforma Protestante di Lutero. Il Calvinismo, non contemplato dalla Pace di Augusta, messo assieme ad altri problemi politici quali l’incoronazione nel 1617 a re di Boemia e Ungheria di Ferdinando II d’Asburgo, un fervente cattolico, portò allo scoppio di una nuova guerra, la Guerra dei Trent’anni che tradizionalmente viene suddivisa in quattro fasi: Fase Boemo-Palatina (1618-1625), Danese (1625-1629), Svedese (1629-1635), Francese (1635-1648). Il casus belli di questa guerra, considerata una delle più violente e devastanti della storia europea, fu la Defenestrazione di Praga. Nel 1618, a Praga, Capitale del regno di Boemia, i rappresentanti di Ferdinando vennero buttati dalla finestra. Ovviamente ciò non passò indisturbato e le ostilità ripresero. Il tema religioso del conflitto, dalla prima fase in poi, fu abbandonato e la moralità fu sacrificata in nome degli interessi commerciali, politici e militari delle potenze che ne presero parte.
Soffermiamoci per un momento sull’ultima fase, quella che forse di più esprime a pieno il significato di contravvenire la Questione Morale: quella francese. Il noto Cardinale Richelieu fu Primo Ministro del regno di Francia sotto il re Luigi XIII dal 1624 al 1642. Egli agì più da politico che da religioso. Lo dimostra il fatto che, nonostante fosse cattolico, scelse di schierarsi dalla parte dei protestanti tradendo i suoi ideali. Il motivo alla base era puramente geopolitico poiché gli Asburgo di Spagna e dell’Impero erano nemici giurati della Francia.
Tornando al presente, ci rendiamo conto che gli stessi problemi continuano a affliggere e devastare la nostra società. La questione morale è costantemente compromessa da corruzione, mancanza di trasparenza e interessi personali, replicando esattamente quanto accadeva nel passato. Un esercizio essenziale per la classe dirigente attuale sarebbe imparare dagli errori del passato per evitare di ripeterli: la Storia offre gli strumenti per interpretare il presente poiché l’essenza umana è rimasta immutata nel corso dei secoli.
Il crescente disinteresse di noi giovani verso la politica e la rinuncia al voto evidenziano l’importanza di collocare la Questione Morale al centro dell’attenzione. È urgente, come si avverte e io stesso constato, un pressante bisogno di ripristinare la fiducia nelle istituzioni, poiché, citando Luigi XIV, “Lo Stato siamo Noi“.