Per noi, per la famiglia, per dio, per la verità

DI ROBERTA MELASECCA

Ebbene sì, aveva proprio ragione Jean-Luc Nancy quando al FestivalFilosofia del 2018 affermava che viviamo in un’epoca di post-verità. E mai come in questi giorni, che sarebbero dovuti essere ameni e spensierati, ne siamo inermi testimoni.

Sì, è questa la notizia: la verità è collassata, passata, sorpassata. L’unica verità è che la post-verità ci domina: un flusso infinito che sfugge a qualsiasi verifica e gestione. Tutte le realtà del nostro presente sono sempre più narrative, sono sempre meno fattuali. Non avete anche voi l’impressione di vivere in una dimensione esclusivamente letteraria? La realtà sembra vacillare davanti ai nostri occhi. Eppure Umberto Eco in una sua “bustina” del 2012 ci metteva in guardia: «La società sa che il mutuo impegno alla verità è essenziale a tutti, e se crollasse ciascuno di noi sarebbe perduto».

In questi giorni olimpici, attesi ardentemente e a lungo, ho assistito invece al grande romanzo delle verità personalizzate. Ieri, mentre guardavo il mio tiglio nella sua condizione più trionfante, percepivo me stessa come il suo opposto e un grande scoramento mi ha raggiunto. Ho visto ogni cosa sfaldarsi, alla neve al sole. Mi sono sentita perduta, persa e sommersa nel crollo della torre di babele. Ma proprio in quell’attimo essenziale, in cui ho compreso il fallimento, l’incertezza, mutuato in differenti piani e livelli di narrazioni, realtà e rappresentazioni, è giunto a trovarmi un momento sicuro.

«È stata una esperienza intima, molto diversa dalle Olimpiadi di Tokyo, perchè c’era la mia famiglia»; «grazie a Dio e alla fede, sono riuscita ad andare fino in fondo e a non gettare la spugna nonostante il corpo non reggesse»; «certi risultati non si conquistano da soli, è un lavoro di squadra»; «ma ho un potere segreto, la mia famiglia»; «abbiamo pensato tante volte di mollare dopo gli infortuni ma il ricordo di nostro padre, il nostro primo tifoso, ci tiene attaccate a questa vita faticosa e bellissima»; «ho sempre fatto atletica per migliorare me stesso: l’essenziale non è aver vinto, ma aver lottato bene».

Ecco, allora, che le uniche verità che appaiono accertate e accertabili sono quelle che appartengono profondamente al nostro intimo essere, alla nostra essenza, alla nostra identità, quella radicata nelle relazioni che compongono il nostro incedere, alle esperienze che coincidono con la visione più sincera che abbiamo di noi stessi. Qui, in questo luogo, voglio sostare e rimanere, protetta, aperta ad una sovra-dimensione di cui ora comprendo le minuziose dinamiche. L’unica verità per me accettabile è la consapevolezza del giorno che avanza in scambi biunivoci, la certezza dello strumento che ho scelto di avere tra le mie mani e che ha un nome preciso.

Come per ognuno di voi: tutti possediamo uno strumento, un potere segreto (che tanto segreto poi non è), concorde con la veritarietà della nostra vita. Può avere tante configurazioni, dio, noi stessi, famiglia, arte, amore. Con questo super-potere precediamo la verità e la sorpassiamo. Con questo super-potere ci difendiamo dalle narrazioni ‘elevate alla n+1’. Con questo super-potere guardiamo attraverso le acque e le foglie. Con questo super-potere determiniamo la comunità in cui siamo immersi.

Tutti possediamo un super-potere. Dobbiamo spingere il pulsante e attivarlo.

Start.

 

Foto Simone Ferraro CONI

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