Intervista a Sergio Mario Illuminato, curatore di ‘iosonovulnerabile’

DI ROBERTA MELASECCA

In occasione dell’evento IOSONOVULNERABILE – fallire è una conquista, arte è amare l’errore, curato da Sergio Mario Illuminato e riconosciuto tra le Buone Pratiche Culturali della Regione Lazio, VULNERARTE MAGAZINE seguirà da oggi tutti i protagonisti di questa straordinaria iniziativa. L’evento, che si terrà dal 3 ottobre al 29 novembre 2024 presso l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, esplorerà la vulnerabilità umana attraverso una pratica performativa trasdisciplinare che unisce artisti e creativi emergenti in un dialogo tra diverse forme espressive.

Intervista con il curatore: Riflessioni sulla Vulnerabilità e l’Autenticità

Roberta Melasecca (R M): Prima di tutto, grazie per averci dedicato del tempo. Il tuo lavoro esplora temi profondi come la vulnerabilità e l’autenticità. Puoi dirci cosa ti ha portato a concentrarti su questi argomenti?

Sergio Mario Illuminato (S M I): Credo che la vulnerabilità e l’autenticità siano due facce della stessa medaglia. Siamo abituati a indossare maschere nella vita di tutti i giorni, rispondendo con automatismi a domande come “Come va?” “Come stai?” senza davvero riflettere su cosa sentiamo. Questo mi ha spinto a esplorare la dissonanza tra ciò che mostriamo e ciò che proviamo.

R M: Nel tuo lavoro, parli di come la vulnerabilità sia diventata un nuovo standard culturale, ma ti chiedi anche a quale costo. Puoi approfondire questa riflessione?

S M I: Sì, oggi sembra quasi un obbligo mostrarsi vulnerabili. Ma c’è un rischio in tutto questo: la vulnerabilità potrebbe trasformarsi in una nuova forma di conformismo, una trappola che ci rende passivi invece di autentici. Non dobbiamo perdere di vista il fatto che riconoscere le proprie fragilità è solo il primo passo; ciò che conta è come trasformiamo questa consapevolezza in azione e crescita.

R M: Parli anche della mercificazione delle emozioni. Pensi che la vulnerabilità possa essere sfruttata commercialmente?

S M I: Assolutamente. Viviamo in una società in cui tutto può essere venduto, incluse le nostre emozioni. Il rischio è che la vulnerabilità diventi una sorta di moneta sociale, qualcosa da esibire per ottenere consenso o riconoscimento. Questo snatura il valore autentico della vulnerabilità, trasformandola in un prodotto da consumare piuttosto che in un’opportunità di crescita.

R M: Hai parlato del Covid-19 come di un momento che ha rivelato la nostra vulnerabilità collettiva. Come pensi che questo evento abbia influenzato il modo in cui le persone vedono se stesse e gli altri?

S M I: Il Covid-19 è stato un grande equalizzatore, in un certo senso. Ha messo tutti di fronte alla stessa realtà: siamo vulnerabili, indipendentemente dalla nostra posizione sociale o economica. Questo ha portato molte persone a riflettere sulla propria vita e sulle proprie priorità, ma ha anche esposto la fragilità delle nostre strutture sociali. Credo che abbia accelerato un processo di consapevolezza che era già in atto, ma ha anche sollevato nuove domande su come vogliamo vivere e cosa consideriamo davvero importante.

R M: In conclusione, come vedi il futuro della vulnerabilità e dell’autenticità nella nostra società?

S M I: Penso che il futuro dipenda da come scegliamo di navigare in questo nuovo paradigma. Se riusciamo a trovare un equilibrio tra il riconoscimento delle nostre fragilità e la capacità di agire con autenticità, allora potremmo costruire una società più umana e giusta. Ma se cadiamo nella trappola di usare la vulnerabilità come una scusa per l’inazione, rischiamo di perdere di vista il vero potenziale di crescita che essa offre. La chiave è non lasciare che le pressioni esterne definiscano chi siamo, ma restare fedeli a noi stessi, pur evolvendo costantemente.

R M: Grazie mille per questa riflessione. È stato un piacere parlare con te e scoprire di più sul tuo lavoro e sulla tua visione del mondo.

S M I: Grazie a voi. È sempre un piacere condividere queste idee e spero che possano ispirare una riflessione più ampia.

 

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