Intervista a Rosa Maria Zito, fotografa e scenografa

DI ROBERTA MELASECCA

In occasione dell’evento IOSONOVULNERABILE – fallire è una conquista, arte è amare l’errore, curato da Sergio Mario Illuminato e riconosciuto tra le Buone Pratiche Culturali della Regione Lazio, VULNERARTE MAGAZINE seguirà da oggi tutti i protagonisti di questa straordinaria iniziativa. L’evento, che si terrà dal 3 ottobre al 29 novembre 2024 presso l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, esplorerà la vulnerabilità umana attraverso una pratica performativa transdisciplinare che unisce artisti e creativi emergenti in un dialogo tra diverse forme espressive.

Intervista a Rosa Maria Zito, fotografa e scenografa

Roberta Melasecca (R M): Rosa Maria, il tuo progetto fotografico Terre Rare ha un forte impatto visivo ed emotivo. Ci guida in un viaggio visivo che esplora le profondità dell’animo umano, ponendo al centro l’esperienza della vulnerabilità e del fallimento. Come sei riuscita a catturare l’essenza di un luogo così carico di storia e sofferenza come l’ex Carcere Pontificio di Velletri?

Rosa Maria Zito (R M Z): Terre Rare è nato da una profonda riflessione sul concetto di abbandono e resilienza. Entrando in quel carcere, ho sentito immediatamente il peso delle storie che vi erano rimaste intrappolate. Le pareti, le sbarre arrugginite, le finestre rotte: ogni elemento raccontava una storia. La luce naturale che filtrava dalle crepe diventava simbolo di speranza, una speranza fragile ma persistente. Ho cercato di immortalare l’autenticità di quei momenti, lasciando che l’architettura del luogo parlasse da sé, senza sovrapporre la mia visione.

R M: La fotografia ha un potere straordinario nel raccontare storie. In che modo, secondo te, la fotografia può sensibilizzare il pubblico su temi complessi come la condizione umana e la realtà delle carceri?

R M Z: La fotografia ha la capacità di rendere visibile ciò che spesso viene ignorato o nascosto. Le immagini catturano attimi che sfuggono alla nostra attenzione quotidiana, costringendoci a fermarci e riflettere. Nel caso delle carceri, spesso si tende a dimenticare che dietro quelle mura ci sono vite, storie di sofferenza e di lotta. Attraverso Terre Rare, ho voluto restituire dignità a quei luoghi e alle persone che li hanno vissuti, ricordando al pubblico che la vulnerabilità non è una debolezza, ma una parte fondamentale della nostra esperienza umana.

R M: La tua opera sembra ispirarsi anche al pensiero di Pier Paolo Pasolini, in particolare alla sua idea di educare alla gestione della sconfitta. Quanto è importante, secondo te, questo concetto nell’arte contemporanea?

R M Z: Pasolini aveva una visione profonda e rivoluzionaria della vita. La gestione della sconfitta, per lui, era un modo per affrontare la realtà senza scappare dalle sue difficoltà. Nella nostra società moderna, spesso ossessionata dal successo e dalla perfezione, credo che l’arte abbia il compito di riportare l’attenzione sulla bellezza dell’errore, dell’incertezza. Solo abbracciando il fallimento possiamo davvero comprendere e accettare la nostra umanità. Terre Rare è un invito a guardare oltre le apparenze, a esplorare la complessità della vita senza paura di inciampare.

R M: In che modo il tuo lavoro dialoga con il tema centrale di IOSONOVULNERABILE?

R M Z: Il tema della vulnerabilità è il cuore pulsante di questo progetto. Terre Rare si inserisce perfettamente in questa riflessione, poiché esplora la vulnerabilità non solo come condizione personale, ma anche come realtà sociale. Il carcere, con le sue storie di fallimento e resistenza, diventa metafora della nostra condizione umana. Attraverso la fotografia, spero di stimolare una riflessione collettiva su come affrontiamo le nostre debolezze e su come queste possano diventare strumenti di crescita.

R M: Quali speranze nutri per il futuro della fotografia come disciplina e per il suo ruolo all’interno della società?

R M Z: La fotografia ha un potenziale immenso, soprattutto in un’epoca come la nostra, dove le immagini sono ovunque. Spero che continui a essere utilizzata non solo come mezzo estetico, ma anche come strumento di consapevolezza e cambiamento sociale. Credo che la fotografia debba sempre cercare di raccontare storie vere, che ci aiutino a comprendere meglio il mondo che ci circonda e noi stessi.

R M: Grazie mille per le sue parole e per il tempo che ci ha dedicato!

R M Z: Grazie a voi per l’opportunità di approfondire le tematiche che affronto con il mio lavoro.

 

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