DI MANUEL CANELLES
L’idea che l’arte contemporanea abbia assunto linfa dalla pratica della rielaborazione di materiali e idee già esistenti riflette già di per sé il nostro mondo mediatico: d’altronde siamo un po tutti figli di una certa cultura del remix. Ora, nell’ambito di Bolzano Art Week (dal 27 settembre al 6 ottobre) presso il NOI Techpark di Bolzano ci siamo trovati di fronte a un metaprogetto che, presentato sotto forma di un container, in realtà si configura come un ecosistema complesso di significati.
Pur possedendo un’identità apparentemente innocua -parliamo appunto pur sempre di readymade e remix culture- l’opera The King (Elisa Grezzani, Container / Video-Installation, 2024) appare come un simulacro multiforme deputato ad interrogarsi non tanto e non solo sul problema della post-produzione (intesa questa come processo di assemblaggio di riferimenti e pratiche preesistenti) ma sul concetto stesso di attivismo estetico secondo cui l’arte pare chiamata a promuovere nuove forme di coscienze collettive.
Attraverso una stratificazione di elementi visivi, Grezzani crea un’esperienza immersiva dove l’osservatore diventa parte integrante della narrazione, contribuendo a un’esperienza collettiva e condivisa. E fin qui siamo per l’appunto, ancora dentro il frame dell’arte partecipativa e di una ben nota modalità formale di fruizione. Ma il progetto sembra andare oltre e problematizzare il concetto stesso di stratificazione linguistica nella misura in cui ogni componente elementare di un’immagine mantiene la propria vitalità intrinseca, come una matrice pronta a trasformarsi e passare a nuove dimensioni. Ecco dunque che accedere all’interno del box equivale al contempo stesso attraversare la soglia di un campo semantico che implica una riconsiderazione delle percezioni riguardo al dominio e all’autorità.
The King esplora questo potere attraverso il prisma del linguaggio e della sua evoluzione. L’installazione non è solo un’espressione artistica, ma un invito a riflettere su come alcuni elementi elementari alla base della comunicazione digitale plasmino -mediante simboli- la nostra comprensione del potere. Ogni frammento compositivo, ogni pixel che forma e alimenta questo organismo (ogni pattern tessile costitutivo del tessuto interno del modulo è in realtà una dichiarazione di intenti, un tentativo di mantenere viva una pratica artistica originale pur esplorando un nuovo codice espressivo -vedi la nota sul processo creativo dell’artista NdR) non è dunque soltanto una riflesso della realtà, ma anche uno strumento attraverso cui si costruisce il suo significato.
In tal senso Elisa Grezzani invita lo spettatore ad interrogarsi su come questo potere -che trascende l’ego e le gerarchie perché ha efficacia dal linguaggio stesso- si manifesti e si trasformi nel tempo. Il controllo, dunque, risiede nel processo di stratificazione di un sistema narrativo e il dialogo tra analogico e digitale, tra digitale e nuove future forme di vita, non è solo una questione di forma, ma -attraverso una sofisticata procedura di codifica- anche una questione di materia e sul suo processo di traduzione. In questo contesto l’opera si propone di trasformare l’immagine tradizionale del potere in un soggetto dinamico e sfuggente, evidenziando la relatività delle interpretazioni e il ruolo attivo del pubblico nel reinterpretare questi simboli. L’autorità, quindi, non è più vista come una verità assoluta, ma come un codice in continua negoziazione, un costrutto soggetto a revisioni e reinterpretazioni dove ogni spettatore, in una contesto di fluidità semantica, diventa co-creatore di significato.
La genesi dell’opera parte dai pattern originali delle resine pittoriche, espressione diretta della manualità e della tecnica dell’artista. Questi pattern, nati dall’intuizione e dall’azione fisica, diventano il fondamento su cui si innesta un processo di trasformazione. La successiva fase di codifica, in cui i dipinti vengono tradotti in linguaggio digitale, non rappresenta una semplice transizione ma un dialogo profondo tra linguaggi e supporti.
I collage, frutto della rielaborazione dei dati, evocano l’idea di un archivio vivente, in cui le immagini si sovrappongono e si intrecciano, creando una rete di significati. Qui, l’opera diventa un palinsesto, una superficie stratificata che invita lo spettatore a decifrare le molteplici narrazioni che vi si annidano. Ogni strato non solo conserva, ma reinventa l’originale, ponendo l’accento sull’idea che l’arte è un processo continuo di reinterpretazione.
Il container, che accoglie questo dialogo stratificato, si trasforma in un manifesto di resistenza. Questo posizionamento non è solo logistico, ma profondamente filosofico: “THE KING” dichiara che l’arte può e deve essere un catalizzatore di interazioni sociali, un luogo di incontro e scambio.
In un mondo in cui le barriere tra le intelligenze si assottigliano, Grezzani offre una riflessione sulla fluidità delle identità e dei significati. L’opera diventa un catalizzatore di esperienze, un invito a considerare la creatività non come un atto solitario, ma come un processo collettivo, dove ognuno può contribuire alla costruzione del significato. La stratificazione all’interno di “THE KING” è quindi non solo una questione estetica, ma un’affermazione politica: l’arte come spazio di co-creazione, un manifesto di una nuova coscienza che abbatte le barriere e invita alla partecipazione attiva.
INFO
BAW24 WINNER: THE KING
Elisa Grezzani
BAW24 + NOI Techpark
Go to the exhibition
https://www.bolzanoartweeks.com/exhibition/dettaglievento/342/-/baw24-winner-the-king-elisa-grezzani
https://www.facebook.com/reel/546914031151348
Foto e video: @Elisa Grezzani, Marco Parisi