Il Giubileo della Comunicazione: coraggio, verità, speranza

DI ROBERTA MELASECCA

 

Inizia il venticinquesimo Giubileo universale ordinario della storia della Chiesa cattolica: dopo l’apertura delle 5 Porte Sante, il primo incontro è rivolto, e non a caso, al Mondo della Comunicazione e noi di VulnerarTe Magazine non potevamo mancare: così sabato 25 gennaio 2025 ci siamo ritrovati nell’Aula Paolo VI, progettata da Pier Luigi Nervi nel 1964 su incarico di Paolo VI, davanti alla scultura bronzea della Resurrezione di Pericle Fazzini, circondati dalle vetrate policrome di János Hajnal, insieme a giornalisti e operatori della comunicazione provenienti da 136 paesi del mondo.

Dopo una buona colazione di benvenuto, la giornata ha preso il via con l’introduzione del giornalista Mario Calabresi, direttore del quotidiano La Stampa dal 2009 al 2015, del quotidiano La Repubblica dal 2016 al 2019. E devo ammettere che la mattinata è stata all’insegna delle domande, più che delle risposte. Ed ecco la prima: Si può comunicare la speranza, o con speranza, o la nostra è solo comunicazione disperata? Il male va raccontato – continua Calabresi – non si può immaginare di vivere in una realtà alternativa. Tuttavia la narrazione del male non può essere l’unica poiché all’interno del male possiamo intravedere quegli elementi del bene che parlano di speranza. E conclude: Ci vuole responsabilità per non cavalcare il male: non possiamo essere seminatori di odio e di rabbia ma possiamo essere seminatori di speranza, artefici del cambiamento.

Subito poi la parola a Maria Ressa, giornalista filippina naturalizzata statunitense, Premio Nobel per la pace 2021, insieme al giornalista russo Dmitry Muratov, per gli sforzi per salvaguardare la libertà di espressione. L’intervento di Maria è radicale, crudo, di una verità talmente disarmante e inevitabile che il gelo percorre i muscoli e le lacrime rigano il viso, non solo il mio, ma quello di tanti accanto a me e il suo, al termine del discorso. Ci lascia con 4 consigli: 1. Collaborare 2. Dire la verità 3. Proteggere i vulnerabili 4. Riconoscere la propria forza. Perchè la pace e la speranza non la costruiscono gli eroi ma la costruiamo tutti noi, insieme.

A questo punto la sala è tutta in piedi ad applaudire ed un po’ di coraggio e di speranza ricominciano a fare capolino anche in me, dopo le ultime vicissitudini internazionali.

La platea si acquieta ed è la volta di Colun McCann, scrittore e giornalista. Le sue parole sono per me illuminanti e confermano la strada intrapresa con i tanti progetti, con le tante idee che percorrono la mente, con il fare quotidiano, con la condivisione dei pensieri e delle azioni che ogni giorno cerchiamo di mettere in atto: La distanza più breve tra un nemico e un vicino è una storia: ascoltare e narrare le storie, proprie e degli altri, costituisce una chiamata all’azione, al cambiamento, rafforza la nostra idea di pace. In un tempo spezzato come quello in cui viviamo, possiamo essere pellegrini di speranza: un pellegrinaggio di riparazione che porta la nostra umanità da un luogo all’altro.

Le parole si fondono con l’arte e le note del Maestro Uto Ughi, che fuoriescono dalle sue dita ottantenni senza alcun tremore, con forza vibrante, riscaldano l’aria.

Ci siamo: arriva Papa Francesco con la sua sedia a rotelle. Ed è, per me, la parte migliore della giornata. Ci dà subito la benedizione, specificando che il discorso da lui scritto è molto lungo- circa 9 pagine -, un po’ noioso da ripetere in sala, che possiamo leggerlo in autonomia. E dopo neanche 50 secondi ci saluta con una domanda. La comunicazione è uscire da se stessi e incontrare gli altri per poter costruire una nuova umanità ma a patto che tutto sia vero.
SIETE VERI VOI, OLTRE AD ESSERE VERE LE COSE CHE SCRIVETE?

Ecco, questa è la domanda che mi riporta al “cuore”, che esige da me coerenza, che esige il non compromesso, che pretende l’essere talmente vera da poter guardare gli occhi negli occhi a testa alta senza curvare la schiena. La verità dentro. La verità fuori. Non serve altro adesso.

E tuttavia vado a leggere subito il discorso, e dentro vi ritrovo parole scritte e realizzate proprio alcuni giorni fa, con il ciclo delle performance ‘Dal corpo al corpo dell’arte’ nell’ambito di IOSONOVULNERABILE a Villa Altieri. Il mondo e la vita ci lanciano dei segni: sta a noi riconoscerli. Io li riconosco ed è per questo che mi sento eternamente fragile e indomitamente forte.

«Maria, tu hai parlato dell’importanza del coraggio per avviare il cambiamento che la storia ci chiede, il cambiamento necessario per superare la menzogna e l’odio. È vero, per avviare i cambiamenti ci vuole coraggio. La parola coraggio deriva dal latino corcor habeo, che vuol dire “avere cuore”. Si tratta di quella spinta interiore, di quella forza che nasce dal cuore che ci abilita ad affrontare le difficoltà e le sfide senza farci sopraffare dalla paura…. ascoltare con il cuore, parlare con il cuore, custodire la sapienza del cuore, condividere la speranza del cuore. Vorrei per questo aggiungere al mio appello per la liberazione dei giornalisti un altro “appello” che ci riguarda tutti: quello per la “liberazione” della forza interiore del cuore. Di ogni cuore! Raccogliere l’appello non spetta ad altri che a noi.

La libertà è il coraggio di scegliere. Cogliamo l’occasione del Giubileo per rinnovare, per ritrovare questo coraggio. Il coraggio di liberare il cuore da ciò che lo corrompe. Rimettiamo il rispetto per la parte più alta e nobile della nostra umanità al centro del cuore, evitiamo di riempirlo di ciò che marcisce e lo fa marcire…. Abbiamo bisogno di un’alfabetizzazione mediatica, per educarci ed educare al pensiero critico, alla pazienza del discernimento necessario alla conoscenza; e per promuovere la crescita personale e la partecipazione attiva di ognuno al futuro delle proprie comunità. Abbiamo bisogno di imprenditori coraggiosi, di ingegneri informatici coraggiosi, perché non sia corrotta la bellezza della comunicazione. I grandi cambiamenti non possono essere il risultato di una moltitudine di menti addormentate, ma prendono inizio piuttosto dalla comunione dei cuori illuminati…

In questo Giubileo faccio quindi un altro appello a voi qui riuniti e ai comunicatori di tutto il mondo: raccontate anche storie di speranza, storie che nutrono la vita. Il vostro storytelling sia anche hopetelling. Quando raccontate il male, lasciate spazio alla possibilità di ricucire ciò che è strappato, al dinamismo di bene che può riparare ciò che è rotto. Seminate interrogativi. Raccontare la speranza significa vedere le briciole di bene nascoste anche quando tutto sembra perduto, significa permettere di sperare anche contro ogni speranza. Significa accorgersi dei germogli che spuntano quando la terra è ancora coperta dalle ceneri. Raccontare la speranza significa avere uno sguardo che trasforma le cose, le fa diventare ciò che potrebbero, che dovrebbero essere. Vuol dire far camminare le cose verso il loro destino.»

Dalla vostra inviata di VulnerarTe Magazine è tutto. Mettiamoci al lavoro.

À bientôt.

 

Discorso del Papa – Giubileo della Comunicazione

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