DI PAOLO GUGLIELMI…diario speciale da Roma a Istanbul
(photo credits of the author of the article)
Il mio amico Giovanni è un grande appassionato di sushi e sashimi e mi costringe ogni volta ad andare con lui alla ricerca di nuovi ristoranti, visto che ogni mese ne apre qualcuno nuovo. Immancabilmente ogni volta che vado con lui rifletto sulla bizzarria della natura umana: i Fenici già pescavano il tonno lungo le coste iberiche mentre, stando agli storici del tempo, i Cartaginesi furono i primi a conservarlo sotto sale e la sua effigie si trova persino su alcune medaglie puniche.
Possibile che siano ora i Giapponesi a insegnarci a mangiare il “nostro” tonno?
Prego notare l’uso della parola “nostro”. Sì, perché il tonno in assoluto più apprezzato al mondo è quello che vive nel Mediterraneo, il tonno rosso. Lo è perché ha una percentuale media di grasso più alta delle altre specie di tonno e una carne più colorata (da qui il nome “rosso”). Grandi, veloci e preziosi, gli individui adulti di tonno rosso (Thunnus thynnus) possono arrivare a tre metri di lunghezza ed oltre 600 Kg di peso ed accelerare fino a 150 Km all’ora.
La presenza di questo pesce nell’immaginario comune dei popoli mediterranei è stata ed è ancora talmente affermata da dare origine stupefacenti teorie e credenze: secondo Aristotele, influenzato dalla voracità e dalla forma del pesce particolarmente panciuta, il tonno ingrossa fino a scoppiare e la sua età non oltrepassa i due anni. Oggi è dimostrato che le conoscenze dell’antico naturalista erano del tutto infondate (ovviamente non scoppia e vive fino a 20 anni). Alcuni tonnaroti (pescatori professionisti di tonni) sono convinti che il tonno deponga le uova a giugno nel Ponto Eusino (Mar Nero) dove arriva nuotando tenendo a destra la terra giacché non vedrebbe con l’occhio sinistro. Altra credenza è che il tonno si nutra di una particolare ghianda marina, e per tale motivo viene anche chiamato “porco marino”.
Oggi questa credenza è stata spiegata ammettendo che il tonno in effetti possa anche cibarsi di un particolare frutto di una fanerogama marina (Posidonia caulini), molto simile ad una ghianda. La pesca del Tonno può avvenire in vari modi: si va dalle tonnare volanti, calate di volta in volta attorno ad un branco individuato, alle lenze da traina ed ai palangari (lunghe lenze a mezz’acqua con centinaia di ami innescati). Ma il sistema più tradizionale e famoso, conosciuto e usato sin dall’antichità, è tuttavia la tonnara fissa.
Le forti immagini, documentari e video della “mattanza”, cioè il recupero e l’uccisione finale cruenta dei tonni rimasti imprigionati nella rete, in cui il sangue dei malcapitati pesci ricopre barche, muscoli e attrezzi da pesca sono da tutti conosciute.
Con l’avvento dell’epoca moderna e l’introduzione di nuove tecnologie come la ricerca dei banchi di pesce con aerei e l’utilizzo di navi fattoria sempre più grandi, in grado di navigare in tutti i mari del mondo e trattare e conservare le catture per lunghissimi periodi, la pesca del tonno sta conoscendo una nova corsa all’oro. Potevano i Giapponesi, che io definisco i “i contadini del mare”, non partecipare? “Cerrrto che no!” Direbbe Ezio Greggio a Striscia la Notizia. Anzi, in pochi anni, grazie ai prezzi spuntati dal tonno rosso del Mediterraneo sul mercato del pesce di Tokyo, i Giapponesi ne sono diventati i leader incontrastati. Una porzione di sashimi di tonno rosso del Mediterraneo può facilmente spuntare oltre 800 Dollari USA nei ristoranti di Tokyo.
Credo molti di voi sappiano che oggi lo stock del nostro tonno rosso è in drastico declino da sovra-pesca e le dimensioni medie dei pesci catturati diminuiscono al punto da non farli arrivare all’età riproduttiva. Nuovi provvedimenti delle organizzazioni internazionali come la Comunità Europea stessa, l’ICCAT (International Convention for the Conservation of Atlantic Tuna), il GFCM (General Fisheries Council for the Mediterranean), ne limitano le catture totali dando delle quote di pesca a ogni paese. Bene, ma il mostro-mercato di Tokyo deve continuare ad essere nutrito. E i giapponesi che fanno? Inventano il “tuna-farming”.
Smettono di inviare le loro navi da pesca, oramai troppo costose e anche bandite, e insegnano ai nostri pescatori a catturare i tonni più giovani, farli crescere ed ingrassare in gabbie galleggianti e renderli adeguati ai loro standard. Come i vinificatori australiani vengono a controllare la vendemmia in Europa, scout giapponesi vengono inviati a testare il livello di grasso raggiunto dai tonni allevati, per poi congelare e spedire a Tokyo quelli migliori. I restanti vengono destinati ai mercati interni. Resta il fatto che i grandi tonni pescati in inverno nel Mediterraneo, con un’alta percentuale di grasso, restano ancora oggi dei capitali nuotanti.
Ogni volta dico al mio amico:’A Giovà, ma invece di andare per sushi, non potremmo andare a pescarne uno de sti tonni giganti invernali? Ce potremmo comprà casa per me e per te…!!!’